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Differenza tra rinnovo e proroga del contratto a tempo determinato


Ritorniamo sui rapporti di lavoro instaurati a tempo determinato prendendo in questo caso in considerazione la differenza tra la proroga e il rinnovo del rapporto di lavoro, come già accennato in precedenti note la normativa contrattuale e di legge, genera spesso dubbi sulla correttezza dell’utilizzo di tale modalità di assunzione.


Nel corso degli ultimi anni, in pratica dall’introduzione del cosiddetto decreto dignità (D.L. 12 luglio 2018, n. 87), su tale argomento si sono moltiplicati gli approfondimenti e i chiarimenti in merito, divenendo nel tempo una delle principali cause di contenzioso lavorativo.

Con il periodo di emergenza sanitaria a causa del Covid, che si protrae dall’inizio del 2020, alcune disposizioni di legge connesse ai rapporti a tempo determinato sono state rese più flessibili per far fronte alla crisi generalizzata, essendo terminato il periodo di emergenza si ritorna alle previsioni di legge previgenti.

Se da una parte, alcuni datori di lavoro, utilizzato le disposizioni in modo poco “ortodosso” nella generalità dei casi, per errori di poco conto ci si ritrova a dover gestire controversie dove per orientamento della giurisprudenza le aziende molto spesso sono soccombenti.

Per proroga si intende il protrarsi nel tempo del medesimo contratto attraverso il rinvio di un termine, o di una scadenza, viceversa per rinnovo, invece, si intende la “rinegoziazione” con i medesimi soggetti delle condizioni contrattuali, fermo restando il mantenimento della stessa categoria legale e mansione.

Nella proroga il termine finale di durata può essere spostato in avanti per un massimo di 4 volte nel limite temporale di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti, inoltre, per i rapporti di lavoro che superano i 12 mesi il datore di lavoro deve definire una motivazione straordinaria che determina la prosecuzione del rapporto di lavoro, a titolo esemplificativo condizioni imprevedibili legate ad esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri lavoratori o connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

La norma dispone che, qualora il numero delle proroghe sia superiore a 4, il contratto debba essere trasformato in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

La proroga presuppone che restino invariate le ragioni utilizzate inizialmente per l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza, pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.

La proroga produce i suoi effetti solamente dallo scadere del termine previsto nel contratto iniziale (o successivamente prorogato) ne deriva che l’interruzione di un contratto a termine durante il suo svolgimento, con successiva stipulazione di un altro contratto a termine tra le medesime parti, richieda l’utilizzo del rinnovo e, dunque, il ricorso alle causali.


Nel rinnovo, il cui termine finale non può superare 24 mesi, le causali sono sempre obbligatorie.


Con l’introduzione del Dl 73/2021 (Sostegni-bis) si legittimano i contratti collettivi a definire specifiche ragioni giustificatrici, ulteriori a quelle già indicate dalla legge, che consentono la proroga oltre i 12 mesi o il rinnovo dei contratti a tempo determinato.

In pratica, le intese collettive, come su altri aspetti molto rilevanti del lavoro flessibile, sono chiamate a svolgere un ruolo importante di adattamento delle regole ai diversi contesti produttivi di riferimento ampliando l’ambito di applicazione del lavoro a termine, tramite la contrattazione nazionale, ma anche tramite quella territoriale o aziendale difatti gli accordi ammessi a regolamentare le specifiche esigenze del ricorso al lavoro a tempo determinato sono quelli nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.


Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi (20 giorni per un contratto superiore a 6 mesi) il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato (c.d. stop & go).

I contratti per attività stagionali possono essere rinnovati, o prorogati anche in assenza delle causali necessarie, invece, per la generalità delle attività.

 

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