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Gli effetti del D.L. n. 87/2018 (Decreto Dignità)



Il 14 luglio scorso è entrato in vigore il D.L. n. 87/2018 cosiddetto “Decreto Dignità”.


In questo approfondimento analizzeremo, a livello esclusivamente tecnico, quali saranno gli effetti sui rapporti di lavoro e sulle aziende.


Come già accennato nella precedente nota, la durata massima del contratto di lavoro a tempo determinato viene fissata in 24 mesi, riducendola dai precedenti 36 mesi.


Di fatto il rapporto di lavoro si intende trasformato a tempo indeterminato nei seguenti casi:


  • Superamento del 24° mese di durata;

  • Superamento della quarta proroga.


Tuttavia, la parte più criticata della nuova normativa è quella relativa alla reintroduzione delle “causali” per i contratti che superano i 12 mesi di durata. Cosa sono le causali? Sostanzialmente sono delle condizioni in assenza delle quali non sarà possibile prolungare, per effetto di una proroga o di un rinnovo, il contratto di lavoro. Il decreto elenca le condizioni:


  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;

  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.


Qualora il rapporto sia stato prorogato per quattro volte, sempre nel limite dei 24 mesi, alla scadenza dell’ultima proroga, per non vedersi trasformato il rapporto a tempo indeterminato, si dovrà procedere alla chiusura del rapporto di lavoro in essere. Se ci sono ancora mesi di capienza nel limite dei 24 totali, prima di instaurare un nuovo rapporto si dovranno rispettare i sotto indicati termini temporali:


  • 10 giorni di calendario dalla data di scadenza per un contratto di durata fino a 6 mesi;

  • 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi.



È evidente che risulta assai difficile definire quali siano esigenze “[…] estranee all’ordinaria attività […]”, cosi come è estremamente ostico individuare “[…] esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria […]”. Tutte queste criticità avranno sicure ripercussioni in termini di contenzioso, difatti un gran numero di ricorsi avvenuti negli anni passati facevano riferimento alla legge n. 230/1962 che determinava le condizioni e le causali per procedere all’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo determinato, normativa precedentemente abrogata dalla Riforma Fornero e dal Jobs Act. Senza entrare nel merito del dispositivo di legge la previsione della norma “reintrodotta” porterà inevitabilmente, come sopra indicato, ad un aumento del contenzioso. È pertanto molto importante che la norma sia applicata in termini il più rigorosi possibile; chiaramente l’ausilio dei professionisti potrà essere di “aiuto” ma resta inevitabilmente a carico dei datori di lavoro la definizione delle causali. Vista la complessità della materia e le valutazioni negative da più parti sollevate, si ritiene possibile che in fase di conversione in legge il Parlamento produca delle modifiche al fine di ridurre le “difficoltà” di applicazione.


Comunque sia, va evidenziato che per i primi 12 mesi di rapporto è fatta salva la possibilità di stipulare contratti a termine senza la necessità di indicare alcuna causale. Sotto questo punto di vista si torna esattamente a quanto previsto dalla Riforma Fornero (legge n. 92/2012).


Resta una considerazione sulla possibilità di trovare delle causali per rapporti di lavoro che dovessero superare i 12 mesi. Difatti per un lavoratore assunto fino al dodicesimo mese potrà avere pieno titolo il rapporto a termine a-causale; tuttavia in caso di proroga lo stesso lavoratore dovrà avere una causale specifica che dovrà necessariamente essere collegata a quanto previsto dal decreto. È opinione di chi scrive che tale iter è nei fatti inapplicabile nel pieno rispetto della norma. Alcuni datori di lavoro per essere nel pieno rispetto del decreto potrebbero essere “tentati” a costituire contratti di lavoro fino a 12 mesi, interrompendo allo scadere del dodicesimo mese il rapporto di lavoro.


Un altro aspetto modificato dal decreto riguarda il limite temporale entro il quale sarà possibile impugnare stragiudizialmente il contratto, che viene elevato dagli attuali 120 giorni a 180 giorni.


Il decreto legge troverà applicazione non solo per i rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore, ma anche per tutti i rapporti a tempo determinato in essere. Chiaramente per le proroghe effettuate prima dell’entrata in vigore della norma resta salva la scadenza precedentemente fissata. In termini pratici un contratto a tempo determinato che venga instaurato, prorogato o rinnovato dal 14 luglio 2018 dovrà seguire le nuove norme.


Vista la modifica sostanziale delle disposizioni qualora ci dovessero essere delle necessità di approfondimento e/o chiarimenti vi invitiamo a contattarci per valutare il caso specifico.


Se dovessero esserci modifiche sostanziali sarà nostra cura aggiornarvi in merito.

 

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