Ius variandi e demansionamento
Il D.Lgs. n. 81/2015 ha introdotto rilevanti novità in tema di ius variandi del datore di lavoro, andando a stravolgere sostanzialmente le previsioni dell’art. 2103 del codice civile.
Premesso che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle che corrispondono all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, viene riconosciuta la possibilità al datore di lavoro di assegnare il dipendente a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, purché rientrati nella medesima categoria
legale (vale a dire, ad esempio, che non è possibile adibire un impiegato a svolgere le mansioni di pulizia dei locali di lavoro).
Questo potere del datore di lavoro è tuttavia subordinato alla presenza di modifiche degli assetti organizzativi aziendali tali da incidere sulla posizione del lavoratore. Su questo punto è intervenuta la Fondazione Studi CdL che con la circolare n. 13/2015 ha sostenuto, applicando un principio giurisprudenziale in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che la riorganizzazione degli assetti aziendali che vadano ad incidere sulla posizione del lavoratore deve essere rivolta non già all’aumento dei profitti imprenditoriali, bensì a far fronte ad una situazione strutturale di crisi che impone al datore di lavoro una effettiva riduzione dei costi (Cass. Sezione lavoro, sent. n. 23222 del 17.10.2010).
Inoltre il nuovo art. 2103 c.c. consente ai contratti collettivi di indicare ulteriori ipotesi in cui l’azienda può adibire legittimamente il lavoratore a mansioni inferiori che rientrano tra quelle previste dal livello di inquadramento inferiore a quello in cui è inquadrato il lavoratore, sempre all’interno della medesima categoria legale.
Ci sono inoltre una serie di obblighi che il datore di lavoro deve rispettare in caso di demansionamento, come ad esempio:
• ove risulti necessario, il mutamento di mansioni dovrà essere accompagnato da un obbligo formativo impartito al lavoratore; • il mutamento di mansioni deve necessariamente risultare da atto scritto, pena la nullità del demansionamento.
È importante sottolineare che lo ius variandi del datore di lavoro esercitato in pejus non deve comportare in alcun modo una variazione del trattamento retributivo del lavoratore, eccezion fatta per alcuni emolumenti legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Nelle sedi di conciliazione o di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e, di conseguenza, della relativa retribuzione, nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Infine, la riforma ritocca anche il limite temporale oltre il quale l’assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva: il precedente limite di tre mesi viene innalzato a sei mesi. Una volta superato il limite temporale, dunque, l’assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva, come il relativo trattamento retributivo, salvo diversa volontà del lavoratore, o salvo che l’assegnazione a mansioni superiori sia dettata dalla necessità di sostituire un collega assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ovvero nel caso in cui il contratto collettivo applicato in azienda preveda un diverso limite temporale.