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Il licenziamento durante la malattia


Secondo quanto previsto dall’art.2110 del codice civile, in caso di malattia, infortunio, gravidanza o puerperio del lavoratore/trice il datore di lavoro ha facoltà di recedere dal rapporto di lavoro solamente una volta che sia “[…]decorso il periodo stabilito dalla legge, dagli usi, o secondo equità[…]”. Applicando alla lettera l’art. 2110 c.c. il datore di lavoro non può procedere al licenziamento del dipendente assunto a tempo indeterminato che si trovi in malattia, ma dovrà necessariamente attendere il decorso del periodo di comporto stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva di riferimento, ciò in quanto il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro durante tale periodo.

Come è evidente questa impostazione normativa tende a tutelare il lavoratore quale soggetto debole del rapporto lavorativo. Tuttavia sono state elaborate delle interpretazioni giurisprudenziali che in un ottica di bilanciamento degli interessi tendono a compensare la maggior tutela del lavoratore con dei distinguo tra le diverse fattispecie di recesso dal contratto di lavoro.

In particolare la sentenza della Corte di Cassazione n. 1777 del 28 gennaio 2014 partendo dal presupposto che il datore di lavoro non può porre fine in maniera unilaterale al rapporto di lavoro nel caso in cui vi sia uno stato di malattia del lavoratore, salvo il caso del superamento del periodo di comporto, stabilisce che i motivi sottesi ad un licenziamento per giusta causa mantengano la loro efficacia e fondatezza anche in presenza di stati di malattia del lavoratore sopravvenuti o anche già sussistenti al momento del licenziamento. Nello specifico la sentenza in esame prevede la legittimità dell’irrogazione del licenziamento per giusta causa “[…] non avendo ragion d’essere la conservazione del posto durante la malattia in presenza di un comportamento che non consente la prosecuzione neppure temporanea del rapporto […]”.

Diversamente, in caso di licenziamento per giustificato motivo la malattia diventa una condizione sospensiva del recesso, sicché il licenziamento irrogato non è nullo bensì sospeso fino al momento della guarigione del dipendente: in quel momento il recesso intimato acquista la sua efficacia.

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