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L’assenza del lavoratore alla visita medica di controllo


Come è noto, il datore di lavoro può far accertare lo stato di malattia del proprio dipendente dai medici dell’INPS (articolo 5 legge n. 300/1970) effettuando una richiesta di visita medica di controllo tramite i servizi online dell’Istituto. Nel caso in cui il lavoratore dovesse risultare assente presso la propria residenza (o presso il diverso domicilio indicato nel certificato medico) durante le “fasce di reperibilità”, entro i dieci giorni successivi dovrà presentare documentazione idonea a giustificare l’assenza e sottoporsi a visita ambulatoriale il primo giorno utile successivo, seguendo le istruzioni rilasciate dal medico legale dell’INPS.

Va osservato che l'assenza ingiustificata alla visita domiciliare seguita da regolare presentazione alla visita ambulatoriale comporta la perdita dell'indennità (compreso il periodo di c.d. carenza) per i primi 10 giorni, comunque non oltre il giorno precedente la presentazione presso l'ambulatorio. Se l'assenza alla visita domiciliare è giustificata ma il lavoratore non si presenta alla visita ambulatoriale, consegue la perdita dell'indennità per i primi 10 giorni di malattia. L'assenza alla visita domiciliare e alla visita ambulatoriale comporta invece la totale perdita dell'indennità di malattia per i primi 10 giorni dell'evento.

Nel caso risultasse assente ad un’eventuale seconda visita perderà il 50% dell’indennità spettante per il periodo residuo. L’assenza ingiustificata ad una terza visita medica comporta la perdita totale dell’indennità di malattia dal giorno di questa visita.

Dunque, in capo al lavoratore, risiede l’obbligo di essere reperibile (presso l’indirizzo indicato nel certificato medico) tutti i giorni, comprese le domeniche ed i giorni festivi, durante le “fasce di reperibilità”, che, ricordiamo, vanno dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19 per i dipendenti del settore privato.

Se il lavoratore avesse la necessità di variare l’indirizzo di reperibilità durante il periodo di malattia dovrà tempestivamente, e con congruo anticipo, comunicare il nuovo indirizzo sia al datore di lavoro che all’INPS. Nello specifico per comunicare all’INPS la variazione il lavoratore potrà utilizzare una delle seguenti modalità:

  • E-mail indirizzata alla casella medicolegale.NOMESEDE@inps.it;

  • Con fax al numero della struttura INPS territorialmente competente;

  • Contattando il numero verde 803.164.

È importante rilevare che non è sempre sanzionabile l’eventuale assenza del lavoratore alla visita. Infatti la normativa vigente non considera sanzionabile l’assenza del lavoratore nelle seguenti casistiche:

  1. Ricovero ospedaliero;

  2. Situazioni che abbiano reso non differibile la presenza del lavoratore in altro luogo (ad esempio per evitare gravi conseguenze per sé o per i propri familiari);

  3. Prestazioni o accertamenti clinici nel caso in cui il lavoratore dimostri di non aver potuto effettuare tali operazioni in ore differenti da quelle che cadono nelle fasce di reperibilità.

Invece sono completamente esonerati dalla visita fiscale i lavoratori che versano in uno dei seguenti stati:

  1. Soggetti che soffrono di patologie per le quali è a rischio la loro vita (per patologie cardiache o oncologiche etc.)

  2. Soggetti ricoverati presso strutture sanitarie;

  3. Lavoratrici in stato di gravidanza a rischio;

  4. Soggetti invalidi, nel caso di patologie collegate all’invalidità riconosciuta superiore al 67%;

  5. Soggetti affetti da depressione o cefalea, a condizione che il medico curante contrassegni il certificato medico con il codice “E”.

  6. Dipendenti per i quali è già stata effettuata la visita di controllo per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

Escludendo le casistiche sopra riportate, in caso di assenza del lavoratore durante le fasce di reperibilità risulta evidente la configurazione di un’inadempienza dello stesso nei confronti dell’INPS e del datore di lavoro. In particolare, risulta corretto affermare che l’azienda ha pieno diritto di sapere se lo stato di malattia, che impedisce la prestazione lavorativa risultante dal contratto di lavoro instaurato tra le parti, è reale o meno.

Configurandosi, dunque, un’inadempienza da parte del lavoratore, il datore di lavoro può procedere in primo luogo a contestare il fatto al dipendente ed in secondo luogo a comminare una sanzione disciplinare. L’articolo 7 della legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) codifica il procedimento disciplinare e l’apparato sanzionatorio nei confronti del lavoratore resosi responsabile di comportamenti scorretti rispetto agli obblighi derivanti dal contratto instaurato tra le parti.

In particolare, a seconda della gravità del caso il datore di lavoro potrà sanzionare il lavoratore con una delle seguenti modalità:

  1. Rimprovero verbale;

  2. Ammonizione scritta;

  3. Multa, fino ad un massimo di 4 ore di retribuzione;

  4. Sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo non superiore a 10 giorni;

  5. Licenziamento per giusta causa.

Occorre tenere presente che, in un eventuale procedimento disciplinare attivato, risulta necessario seguire pedissequamente quanto stabilito dal CCNL applicato in azienda in quanto, in un’ipotetica controversia giudiziaria, l’organo giudicante prenderà a riferimento anche quanto disposto dalla contrattazione collettiva di settore in materia.

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