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Il pignoramento della retribuzione


Nel presente approfondimento andremo ad osservare le procedure che regolano il pignoramento della retribuzione del lavoratore che, in qualità di debitore per un mancato adempimento delle proprie obbligazioni, subisce l’azione di un soggetto creditore che, per recuperare le somme vantate, si rivolge direttamente al datore di lavoro, ovvero alla banca o istituto di credito per rivalersi sulla retribuzione e sul Tfr.


Nozione di pignoramento:

Il pignoramento presso terzi inizia il processo di esecuzione sulla retribuzione e viene eseguito con atto notificato direttamente al datore di lavoro ed al lavoratore. In sostanza il creditore pignoratizio si rivolge direttamente al datore di lavoro (debitore della retribuzione nei confronti del lavoratore) ovvero alla banca/istituto di credito (in quest'ultimo caso vi sono regole specifiche da osservare quanto ai limiti di pignoramento, vedi oltre) per pignorare, entro certi limiti, la retribuzione del debitore, ossia il lavoratore.

L’atto di pignoramento deve contenere alcune informazioni obbligatorie:

  • l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;

  • l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute;

  • intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice;

  • la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale

  • competente nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore

  • procedente;

  • la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a

  • comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. al creditore procedente entro dieci giorni a

  • mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata.


La posizione del terzo pignorato (ossia il datore di lavoro):

Quando il datore di lavoro riceve la notifica dell’atto di pignoramento, assume la qualifica di custode delle somme ai sensi dell’art. 65 e ss. C.p.c.

Entro 10 giorni dalla notifica, dovrà trasmettere tramite raccomandata o a mezzo posta elettronica certificata la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. nella quale dovrà indicare tutti gli elementi che possano consentire una corretta quantificazione delle cose possedute. In caso di mancata comunicazione, il terzo pignorato/datore di lavoro dovrà presentarsi in apposita udienza. Se ulteriormente non si presenti all’udienza, ovvero si presenti senza rendere la dichiarazione, le somme o cose appartenenti al debitore (lavoratore) si considerano corrette e non contestate.


Il Tfr e il pignoramento:

Le somme accantonate a titolo di Trattamento di fine rapporto, rappresentano una somma liquida e esigibile che pertanto rientra a pieno titolo nelle somme pignorabili, e che il datore di lavoro deve comunicare nella dichiarazione resa ex art. 547 c.p.c. Chiaramente le somme restano per così dire “congelate” e soltanto nel momento in cui viene a cessare il rapporto di lavoro passano dalla condizione di disponibilità a quella di esigibilità. Tali disposizioni si applicano alle quote di Tfr trattenute presso l’azienda, versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’INPS o, infine, alle quote di Tfr smobilizzate presso fondi di previdenza complementare.

Resta inteso che queste disposizioni sono pienamente applicabili anche ai dipendenti pubblici.


La misura della trattenuta:

Il pignoramento effettuato sulla retribuzione è soggetto a precisi limiti che variano a seconda che sulla medesima retribuzione vi sia concorso di altri pignoramenti o cessioni del quinto, ovvero che la retribuzione sia stata accreditata presso un istituto di credito.

Recentemente il legislatore ha riscritto alcune disposizioni del codice di procedura civile, con modifiche rilevanti per i limiti di pignoramento. L’articolo 545 c.p.c. stabilisce che:


a) le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito;

b) le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato;

c) il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause sopra indicate (ad esempio stipendio, tributi ecc.) non può estendersi oltre la metà dell'ammontare delle somme predette;

d) le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà (per il 2019 pari ad un importo di € 687.00 per 13 mensilità). La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti ordinari.


In caso di pignoramento eseguito presso una banca o istituto di credito, le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate:

a) per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento (ossia € 1.374,00);

b) quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti ordinari (quindi nella misura autorizzata dal giudice in caso di crediti alimentari, ad esempio l’assegno per sostentamento dell’ex coniuge e/o figli, per un quinto per i tributi e ogni altro credito, per il concorso simultaneo di cause alimentari ed altro nella misura massima del 50%), nonché dalle speciali disposizioni di legge.


Pignoramento effettato dall’Agenzia Entrate e Riscossione:

L'art. 72-ter del D.P.R 602/1973 , in materia di pignoramenti presso terzi disposti dall'agente della riscossione, dispone che le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall'agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.

 

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