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Decreto Aiuti quater, aumento limite fringe benefit


Il Decreto Aiuti quater, prevede, tra le altre misure, un innalzamento del tetto del fringe benefit portandolo a 3.000 euro, e resta invariata la tempistica per l’erogazione e non potrà essere riconosciuto oltre l’anno corrente ovvero, secondo il principio di cassa allargato, entro il 12 gennaio 2023.


Visti i tempi estremamente ridotti si ritiene che difficilmente l’impresa andrà oltre la soglia dei 600 euro, previsti dal precedente decreto, in quanto visto l’entità massima riconoscibile, i datori di lavoro hanno bisogno di valutazioni contabili che difficilmente potranno essere determinate entro il pagamento di dicembre. Come i precedenti decreti il governo ritiene di dotare di uno strumento le aziende per incrementare gli stipendi dei lavoratori attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas) o in alternativa di fornire attraverso i canali previsti dalle disposizione di legge degli aiuti offrendo dei servizi .

Per un ulteriore approfondimento in merito vi rimandiamo alla nostra precedente nota consultabile sul nostro sito del 16 settembre scorso con titolo “Fringe benefit 2022 innalzato a 600 euro e altre novità”.

In pratica la struttura sostanziale del decreto ricalca quanto già riportato dall’articolo 12 del Decreto Aiuti bis e include le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro, per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, riguardanti “immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese” (Circolare Agenzia entrate 4 novembre 2022 numero 35/E).

Sono peraltro comprese le utenze per uso domestico:

  • Intestate al condominio, ripartite fra i condomini (per la quota rimasta a carico del singolo condomino);

  • Intestate al proprietario dell’immobile (locatore), se nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) del coniuge o dei familiari, sempre che tali soggetti sostengano effettivamente la relativa spesa.

Il riconoscimento degli importi dovrà essere in ogni caso sostenuto dalla giustificazione di spesa anche con più fatture ed è valida nonostante il documento sia intestato ad una persona diversa dal lavoratore dipendente, purché “sia intestata al coniuge o ai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR.

In questo caso, è fondamentale che il datore di lavoro richieda, alternativamente, al lavoratore:

1. il documento attestante l’utenza domestica (la bolletta) pagata;

2. la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante il possesso della documentazione, comprovante il pagamento dell’utenza domestica.

In entrambi i casi dovrà essere affiancata una dichiarazione, da parte del lavoratore, che autocertifica che non ha richiesto il rimborso di quella specifica utenza ad altro datore di lavoro, proprio (del lavoratore) ovvero del coniuge o del familiare.

La documentazione dovrà essere mantenuta in azienda con le normali modalità utilizzate per tutti i documenti fiscali.

Il costo del rimborso o della offerta di servizi è a totale carico del datore di lavoro, in quanto non è previsto alcun un rimborso da parte dello Stato, vista la situazione di “sofferenza” generalizzata si ritiene molto difficile che l’aiuto economico venga erogato a “pioggia” a tutti i lavoratori, probabilmente le aziende maggiormente strutturate potranno considerare tale strumento che, viceversa, si ritiene di difficile applicazione nelle piccole e micro aziende.

Si potrebbe assistere, difatti, al riconoscimento parziale in quanto i nulla toglie che i datori di lavoro possano riconoscere il sostegno economico erogando una frazione dei 3000 euro.

Un'altra precisazione va rilevata sui lavoratori che hanno già ricevuto nel corso del 2022 un premio, ad esempio il premio di risultato, gli stessi non potranno chiederne la trasformazione in fringe benefit in quanto la scelta della conversione in welfare doveva essere effettuata all’atto dell’erogazione se già esisteva un sistema di welfare aziendale.

Mentre, se il premio non è stato ancora erogato, trattandosi di premio di risultato (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, commi 182-190, della Legge n. 208/2015), la conversione in welfare dovrà essere richiesta volontariamente dal lavoratore e non potrà essere imposta dal datore di lavoro.


In ultimo riportiamo quanto già specificato nella precedente nota sull’argomento: “In ogni caso è necessario fare chiarezza in merito al fringe benefit difatti il riconoscimento non può e non deve in alcun modo sostituire o integrare per fini diversi da quelli previsti dal Tuir la retribuzione e pertanto monetizzazioni per prestazioni di lavoro “mascherate” con il riconoscimento di tale istituto sono senza dubbio in violazione delle norme di legge e contrattuali”.

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